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Questa Giornata non può essere e non è mai stata una ricorrenza, ma anzi rappresenta una precisa volontà e responsabilità politica che oggi grava sulle nostre spalle come un macigno. Lo capiamo soprattutto quest’anno, perché questa Giornata assume un significato ancora più forte e sentito, a pochi giorni dal femminicidio di Giulia Cecchettin dal quale siamo rimasti tutti sconvolti.

L’uccisione di Giulia credo stia cambiando la percezione della violenza contro le donne da parte di tanti e tante cittadini e cittadine. La sta cambiando non solo per l’efferatezza del modo in cui è stata uccisa Giulia, non solo per la giovane età dei ragazzi, non solo per l’estrazione sociale, ma perché di botto abbiamo capito che potremmo avere il prossimo femminicidio anche vicino a noi, che non nasce in un contesto isolato, estremo, segregato, ma in situazioni molto, troppo, vicine a noi.

Cominciamo a capire, di botto, che chi uccide non è uno sbandato, uno straniero, un emarginato o uno squilibrato, chi uccide è uno di noi: benvestito, educato, che ha studiato, inserito nella comunità, bravo a scuola, che fa sport. Di botto iniziamo a capire che i femminicidi, le violenze, gli abusi di ogni tipo contro le donne non sono una responsabilità individuale di qualcuno, ma sono una questione sociale, culturale ed educativa molto vicina a noi.

Siamo tutti emotivamente ancora colpiti da una storia così drammatica e terribile. In questi giorni abbiamo visto numerose mobilitazioni nella nostra società civile. Sono state immediate e partecipatissime, come quelle promosse nella nostra città innanzi tutto da gruppi di donne come nella nostra città, dove delle giovani hanno chiesto di metterci la faccia per dire basta e qualche giorno fa oltre 250 persone, in poche ore, fra cui tantissimi giovani e tantissimi maschi, con un dolore espresso a voce in un microfono, hanno voluto esserci. A tutti loro va il mio e nostro ringraziamento.

Le mobilitazioni hanno coinvolto anche numerosi luoghi della cultura, a cominciare dalle scuole. Anche i licei e le scuole superiori di Imola hanno voluto far sentire la loro voce con un “minuto di rumore” per ricordare Giulia: un rumore che da urla, pianto e rabbia possa diventare mobilitazione, lotta, cambiamento contro una situazione divenuta inaccettabile e insostenibile per una società che vuole definirsi civile. A tutte le studentesse e in particolare gli studenti voglio rivolgere un ringraziamento da parte del Consiglio e della Giunta, perché hanno dimostrato di essere una generazione sveglia, consapevole e mobilitata, più di quanto molto spesso viene dipinta.

Oggi, che siamo scossi e mobilitati dall’episodio di Giulia, dobbiamo ricordarci che purtroppo è sempre stato così e troppo spesso ci siamo dimenticati, come opinione pubblica, di quanto fosse grave e diffuso questo drammatico problema della nostra società. Sono 106 le donne che sono state uccise in Italia nel 2023. Di queste, 83 sono state uccise in ambito familiare o affettivo, 54 dal partner o dall’ex.

Questi numeri sono i numeri della più grave emergenza sociale che il nostro Paese si trova ad affrontare. Dobbiamo prendere coscienza di questo, perché siamo stati troppo abituati al fatto che fosse un problema fra i problemi, un fronte fra i fronti. Oggi diciamo che è divenuta e sta diventando LA priorità contro la quale scagliarsi per costruire una comunità davvero libera, prospera, dignitosa e democratica nella quale vivere. Voglio sperare che i milioni di minuti “rumorosi” che abbiamo visto nelle scuole, nelle strade e nelle piazze, che hanno fatto esprimere rabbia, dolore, pianto e paura, possano renderci consapevoli di un nuovo impegno collettivo ormai irrinunciabile.

La violenza contro le donne è un fallimento della nostra società nel suo insieme. È la violazione dei diritti fondamentali delle persone, contro i diritti umani e di genere delle persone. Proprio ieri il Senato ha approvato ad unanimità, governo e opposizioni, un nuovo Disegno di legge per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica per una serie di modifiche procedurali volte a potenziare le misure cautelari e la certezza dei tempi nei procedimenti penali. Un provvedimento che nasce dalla vicenda di Giulia. Non Giulia Cecchettin, un’altra Giulia che ha subito lo stesso drammatico epilogo: Giulia Tramontano, uccisa a coltellate lo scorso 27 maggio dal suo ex compagno mentre era, addirittura, in gravidanza.

Approvare anche questo disegno di legge è stato giusto e sacrosanto, da qui vorrei che arrivasse il plauso della Città di Imola per un provvedimento che ha visto la politica lavorare ed esprimersi con unità e compattezza, ma accanto ad un’azione decisa ed efficiente nella protezione e nella difesa delle donne occorre una risposta altrettanto decisa ed efficiente sulla questione educativa e culturale che ormai è drammatica e innegabile. È necessario partire proprio dalla cultura come forma di prevenzione e dall’educazione al rispetto delle differenze come azione per scardinare alla base i presupposti della violenza. Educare al rispetto, educare alla parità, educare all’idea che mai la forza può essere uno strumento di relazione.

Tuttavia, anche questa responsabilità non può essere posta esclusivamente sulle spalle della scuola e dell’istruzione pubblica. Non utilizziamo i limiti delle Istituzioni per trovare sempre un alibi. Quando si dice che nessuno si può chiamare fuori è perché ciascuno di noi, in primis nell’ambito familiare, scolastico, sportivo, può e deve fare la sua parte.

Faccio un appello alle famiglie della nostra città: parlate con i vostri figli di quello che è successo, affrontate questo tema, trovate momenti per sdogare la matrice da cui nasce questa violenza e fate dei vostri comportamenti fra di voi, lo dico ai genitori, un esempio per i vostri figli. Perché ciò che poi sfocia in brutale e feroce violenza contro le donne in realtà nasce, all’origine, da una visione distorta dei rapporti fra uomo e donna, che si percepisce fra le righe e nel tempo da come ci si parla, come ci si relaziona, come ci si organizza nella vita familiare.

La visione spregevole che si nasconde, che cova nel silenzio e intossica i rapporti, è che, in fondo, la donna sia comunque un oggetto non degno di piena indipendenza e di pieno rispetto. La questione femminile è pervasa, ancora troppo spesso, da un’idea di inferiorità dalla quale hanno le radici ogni forma di violenza. Una presenza oscura che interroga e chiama a raccolta tutti: dalle famiglie alla scuola, dalle Istituzioni ad ogni associazione sportiva.

Da parte nostra, le Istituzioni a tutti i livelli devono fare la loro parte. L’impegno del Comune di Imola su questi temi, e ci tengo a ringraziare l’Assessora Elisa Spada per la dedizione e la serietà con cui si spende lungo tutto l’anno su questo e non solo in qualche periodo, non nasce oggi o qualche settimana fa.

A Imola, da 3 anni il Comune opera in rete con la Commissione Pari Opportunità, i centri antiviolenza, le scuole, i sindacati, le librerie indipendenti, per un progetto continuativo e sistematico di educazione al rispetto delle differenze. Un progetto attualmente in corso, che ha coinvolto ad oggi oltre 1.800 studenti da 0 a 18 anni, oltre 500 adulti tra insegnanti e cittadini e che si articola in seminari, laboratori, momenti di ascolto e attività interattive. Senza considerare le numerose associazioni che nel territorio operano insieme a noi.

Quest'anno il progetto ha come tema il CONSENSO, un messaggio di civiltà e rispetto che possiamo e dobbiamo portare non solo nelle aule scolastiche, ma nelle nostre strade, negli eventi, nelle nostre case e nelle nostre famiglie.

La scuola non può essere l’unica soluzione, ma pensare di tenere le scuole lontane dai fatti di attualità e da ciò che gli accade intorno è semplicemente assurdo. La scuola è il terreno più fertile e più genuino dove l’attualità e i fatti possono seminare una nuova consapevolezza collettiva. Non basta, ma è un inizio.

Approfitto per ricordare quanto il contesto scolastico può essere d’inclusione per ragazze e ragazzi di origine straniera che vivono accanto a noi in questa lotta contro la violenza maschile sulle donne. Penso a Saman Abbas, una ragazza di origine pakistana uccisa a Novellara, vicino a Reggio Emilia, da un clan familiare di cui subiva un controllo totale. Una giovane donna a cui veniva impedito di andare a scuola e troppo poco si è fatto perché potesse iniziare ad andarci. Chiedo allora di ricordarci anche di queste giovani donne nel nostro territorio: un contatto, una parola, una vicinanza che possano trasformarsi in un’uscita dalla violenza perché ormai, finalmente, abbiamo compreso che non sono affari di famiglia, abbiamo compreso che i diritti umani di genere sono per tutte e tutti.

Tutto il lavoro che viene svolto non sarebbe possibile senza una rete territoriale come quella che possiamo vantare a Imola. Voglio rivolgere un ringraziamento sincero alle associazioni del nostro territorio, PerLeDonne e Trama di Terre, per il loro lavoro silenzioso, ma profondo e capillare a favore delle donne e non solo del nostro territorio. A nome della Città di Imola e di tutto il Nuovo Circondario Imolese, ringrazio quanti (/operatrici/operatori, volontarie /volontarie, assistenti sociali) operano sul nostro territorio con passione e professionalità per fronteggiare queste situazioni. Penso anche alle Forze dell’Ordine, alla nostra AUSL (che ringrazio anche per il grande lavoro di coordinamento del tavolo tecnico di contrasto al maltrattamento), all’ASP, agli uffici comunali e circondariali, con un particolare ringraziamento all’ufficio di piano, alla Commissione Pari Opportunità del Comune di Imola e a tutte le sue consigliere per essere un continuo punto di riferimento per l’Amministrazione attraverso un confronto proficuo e costante.

Oltre al lavoro per gestire e affrontare l’emergenza, il salvataggio, il percorso per l’uscita dalla violenza, la sfida ora è scardinare i presupposti della violenza e prevenire. Alla comunità degli adulti dico che i più giovani ci guardano. Non solo sui giornali o sui social, ma anche in casa, in famiglia, nella vita di tutti i giorni.

Come diceva il Presidente Sandro Pertini, “il modo migliore per ricordare i morti? Pensare ai vivi”. Voglio sperare che i milioni di minuti “rumorosi” nelle scuole, nelle strade e nelle piazze, che hanno fatto esprimere rabbia, dolore, pianto e paura, possano renderci consapevoli di un nuovo impegno collettivo ormai irrinunciabile. Ho letto poco fa che dopo la morte di Giulia, in questi giorni, le telefonate arrivate al numero di emergenza nazionale 1522 sono raddoppiate: da 200 al giorno a 400 al giorno. Questo ci fa comprendere il dramma dell’emergenza che stiamo affrontando e delle cui proporzioni spesso non ci rendiamo conto, ma anche, permettetemi, la scossa profonda di questa vicenda e l’importanza di dire sempre con costanza a tutte le donne che non sono sole e che una via d’uscita c’è.

Mi auguro, dal profondo del cuore, che la morte di Giulia possa essere il motore di una nuova riscossa civile, popolare, culturale e sociale e non l’ennesima onda emotiva. Ogni vita salvata, ogni vita liberata, ogni vita uscita dalla violenza e rinata sarà il modo più vero e giusto per ricordare Giulia Cecchettin.

Fare in tutti i modi, ognuno di noi, che sia un nuovo inizio è il miglior modo per onorarla, ricordarla e non tradirla. Grazie.

Marco Panieri

sindaco

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Ultimo aggiornamento: 18-01-2024, 12:05