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Successo di pubblico ieri sera per la presentazione del libro “Il mio non sol ma l'altrui ben procuro” - Storie di api, miele e apicoltori di Imola e dintorni, scritto da Alessandra Giovannini (Editrice La Mandragora, Imola).

L’appuntamento si inseriva nell’ambito delle iniziative organizzate per il Baccanale 2021 e il titolo “L’amaro del miele” voleva sottolineare come, anche ingredienti considerati dolci, possono avere un retrogusto amaro.
Non solo miele di acacia, dunque, ma anche quello dal sapore più amarognolo del castagno. Il libro è stata l’occasione per raccontare la storia delle “sentinelle dell’inquinamento ambientale”, del loro prodotto ma anche dei nomi illustri che hanno dato vita alla moderna apicoltura grazie alle loro invenzioni e intuizioni.
Molti di questi nomi sono nati, e hanno vissuto, nel nostro territorio, come Bartolomeo Botto, la Famiglia Piana, Antonio Zappi Recordati, Pio Caroli, Primo Pelliconi, Pietro Zuffa, altri hanno appreso dai loro insegnamenti e oggi proseguono l’attività.

Ma, molte delle pagine di questo volume sono state dedicate a Imola e al circondario. E’ qui, infatti, che negli anni ’60 alcuni infermieri, circa una sessantina, dei due manicomi di Imola, Osservanza e Lolli, si sono appassionati di apicoltura e hanno dato vita all’Associazione Apicoltori Imolesi.
Non ci sono scritti notarili o documenti ma solo la voglia di condividere assieme un’attività in comune. Accanto a loro, anche facchini, fabbri, falegnami, tutte figure indispensabili per chi operava con questi insetti.

Una passione, quella delle api, che aveva già contagiato anche docenti e studenti della Scuola Scarabelli di Imola, anzi della Regia Scuola Agraria Media di grado superiore che, agli inizi del Novecento, tra le tante iniziative, aveva realizzato un laboratorio apistico, unico del genere in Italia.
Negli anni, al laboratorio si affiancò un apiario formato inizialmente da 20 arnie poi, vennero aggiunti tutti gli attrezzi per l’insegnamento dell’apicoltura. Una storia sfortunata quella dell’apiario. Prima subì le distruzioni della guerra, poi la razzia degli arredi da parte dei ladri e, quindi l’abbandono.

Accanto alle api e al miele, la cera e le candele. Anche in questo caso, Imola diventa protagonista di diverse storie.
La via denominata Cererie che fa supporre una concentrazione di botteghe di candelai in quella zona, la vendita di candele nella spezieria più famosa di Imola nella seconda metà del XIV secolo, quella tenuta da Diotaiuti figlio di Francesco (Cecco) da Sassoletroso, piccola località del contado imolese nella valle del Senio.
E ancora il commercio di cere e candele che possiamo conoscere grazie all’Annuario indicatore di Imola e circondario del 1925 dove si legge la pubblicità della Ditta Giuseppe Grandi & C., premiata fabbrica a vapore di candele steariche, prodotte con grasso di animale di scarto e di cera, fondata nel 1877 e aperta al pianterreno del centrale Palazzo Monsignani a Imola.

Queste e altre curiosità in un volume che vuole ricordare che le api non lavorano e producono solo per il loro sostentamento, ma anche per il benessere di tutti.

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Ultimo aggiornamento: 19-01-2024, 10:01